“La reale conoscenza di sé non guarda agli atteggiamenti altrui, ma spinge verso l’interno di ognuno di noi.”
Tante volte mi sono trovato a paragonare me stesso con le persone che mi circondano, per capire il perché di certi miei atteggiamenti, il perché di certe azioni (e reazioni) quasi pensando che tutti noi abbiamo lo stesso motore e che di conseguenza: è “normale” reagire in un certo modo, è “normale” essere in balia di paure, è “normale” avere qualcosa che piace di più e qualcosa che piace di meno.
Già, ma perché? È davvero possibile che mi sia mosso sempre senza pensare al perché?
La risposta è no, il perché me lo sono sempre chiesto e la risposta me la sono sempre data, ma era quella più superficiale, quella più comoda, quella che non andava a toccare la parte nascosta che ognuno di noi ha.
Voglio aumentare sempre di più il mio stato di coscienza, voglio che piano piano invada sempre di più quello strato impercettibile, invisibile, ma così grande e paralizzante che sta dentro di me.
Vado ad Asti con il dubbio e l’incognita delle persone che mi troverò davanti, con cui dovrò raffrontarmi, che conosceranno aspetti di me che nessuno ha mai conosciuto, nemmeno io. Maledetta omissione.
Può sembrare banale, scontato, ma la mole di omissioni, di bugie o “false verità” che noi stessi ci diciamo è incredibile e infinita.
Arrivo in aula, i visi delle persone non sono così brutti come me li immaginavo, sono tutti tranquilli, sono sorridenti, sono puliti, sono speranzosi.
Iniziamo. Sento storie di vita incredibilmente dure, che risuonano in me in maniera incredibile, come se l’avessi vissute in prima persona. La prima cosa che apprendo è l’effetto della risonanza.
Se dovessi riassumere nella maniera più breve i due weekend trascorsi nel corso operatori di Asti, non c’è concetto che più mi sia rimasto in testa. Ogni esperienza altrui faceva vivere in me l’emozione di chi la stava raccontando, tanto da non capire se stesse raccontando la sua storia, o la MIA. Rieccoci: maledetta omissione. Quelle storie portavano ognuno un pezzo della mia vita, con sfumature più marcate (più riconoscibili) o più delicate (più nascoste in me).
I fattori che mi hanno portato a partecipare a questi weekend sono diversi: primo su tutti il meraviglioso esempio che ogni giorno è a fianco a me, la mia fidanzata Maddalena, che frequenta i corsi UPE da più di due anni.
Poi, credo di aver sempre avuto la voglia di vedermi, di comprendermi e di apprezzarmi, ma non ho mai trovato il modo di dirmelo per davvero…forse perché per capirmi a pieno dovrei vedere cose, atteggiamenti e debolezze di me che non vorrei vedere… dovrei ascoltarmi. Dovrei comunicare con me stesso.