Le maschere e la non accettazione di sé
Liberamente tratto dal libro “Paura di vivere” di A. Lowen
Poche persone nella nostra cultura hanno il coraggio di essere davvero se stesse: la stragrande maggioranza di noi interpreta un ruolo, ovvero indossa una “maschera”.
Cosa dice Lowen delle “maschere”?
Ritiene che sono funzionali a nascondere quegli aspetti di sé troppo dolorosi o che fanno troppa paura, come ad esempio pensare di essere inadeguati o inaccettabili o troppo vulnerabili per la società o per chi abbiamo di fronte.
Secondo Lowen, la maschera è frutto di non accettazione dell’io interiore del bambino da parte dei genitori.
Giusto per fare un semplice esempio, se un bambino è triste e la mamma continua a ripetergli “sorridi, perché così triste non piacerai a nessuno, tutti ti allontaneranno”, il bambino inizierà a sorridere forzatamente e quindi indosserà una maschera: fingerà di sorridere, ma in realtà dentro di sé continuerà ad essere triste.
Il bambino si convincerà che l’atteggiamento che sostiene la maschera darà luogo all’approvazione e all’amore dei genitori (in primis, e della società in seguito), mentre se mostrerà il suo vero atteggiamento, la sua vera natura, non verrà amato e apprezzato.
Ovvero recepirà il messaggio che, per essere accettati, occorre mostrare ciò che gli altri si aspettano da noi: solo così si potrà piacere e essere amati.
Ci sarà quindi, inevitabilmente, un disallineamento tra il lato emotivo (interiore profondo) e quello apparente (aspetto esteriore razionale) della persona.
Man mano che passa il tempo, la maschera si struttura nel corpo, diventa parte integrante della persona che, dopo un po’, non si renderà più nemmeno conto di averla addosso. Si diventa la maschera indossata.
Cosa succede quindi una volta che noi “diventiamo” la maschera?
Che abbandoniamo l’autenticità del nostro io per recitare la parte che ci siamo imposti.
Generalmente noi non siamo consapevoli della mancanza di autenticità del nostro aspetto e del nostro comportamento condizionato, in quanto la maschera è parte integrante di noi.
In realtà sostenere un ruolo o rappresentare un’immagine non vera di sé, dà luogo a grande dispendio di energia che però la maggior parte delle persone non sente. Sente invece irritabilità, frustrazione, irascibilità e stanchezza cronica. Spesso anche depressione.
È come se ci fosse un attore sul palcoscenico, che sta interpretando un ruolo, in cui è completamente calato. Ma non essendo il suo, questo comporta un gran consumo di energia per poter essere credibile.
Mentre se si è allineati con il proprio sé interiore, l“essere se stessi” non comporta sforzo, in quanto è spontaneo e naturale.
Nel momento in cui si inizia un percorso di consapevolezza e di crescita interiore, questa “stonatura” viene svelata e allora si inizia a capirsi, accettarsi, diventare veramente se stessi, essere consapevoli di chi siamo davvero e a realizzare ciò che vogliamo. Si inizia a togliere la maschera.
Come dice Lowen, “la salute emotiva può essere raggiunta solo attraverso una consapevolezza di sé e una accettazione di sé”.
Certo può essere faticoso, a volte difficile e persino doloroso, ma è l’unica strada per imparare ad Amare davvero se stessi e gli altri.
Tutto questo, e molto altro, è una parte di quello che facciamo nel percorso della Comunicazione Umana Interattiva in UPE.
Comitato Scientifico UPE
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