Un viaggio sull’Amore – parte 1

Un viaggio sull'Amore - parte 1

La prima concettualizzazione delle relazioni sociali viste dalla prospettiva della sessualità s’individua nell’antica Grecia, nella figura di Eros.

Eros, dio dell’amore fisico e del desiderio nella religione greca, corrispondente a Amor o Cupido nell’antica Roma. E’ anche una parola che è stata ripresa nel linguaggio filosofico e scientifico per indicare aspetti o componenti dell’attività sessuale e in genere della vita affettiva.

Con Empedocle, l’Eros è un principio onnipresente, una forza che riporta in equilibrio gli elementi costituenti un Tutto omogeneo che ciclicamente è dissolto,portato al Caos quando la Discordia prende il sopravvento.

Il filosofo agrigentino fu il primo che, a differenza dei predecessori, non pose un unico principio del movimento, ma due principi differenti e contrari, Eros e Discordia, ora aggregati da Amicizia ora invece separati da Contesa, che – molti secoli dopo – nel pensiero psicoanalitico freudiano, si traduce nella lotta tra la pulsione alla vita, l’Eros, e alla distruzione, Thanatos.

Questa forza distruttiva che riporta ad uno stato precedente, ad uno stato costituito da materia inorganica, è utilizzata da Freud per spiegare quella che definisce coazione a ripetere. Dalle analisi dei suoi pazienti il neurologo ceco si rende conto che essi tendono a rivivere, incessantemente, esperienze spiacevoli e traumatiche. Una reiterazione di comportamenti che nulla hanno a che fare con il piacere.

Per Platone l’eros è ciò che attira l’uomo al bello, al bene, al vero. È amore contemplativo (da qui la definizione, divenuta d’uso comune, di amore privo di dimensione passionale), ma non solo.Ci sono in Platone due livelli di amore, quello fisico, fine a sé stesso, tendente a soddisfare il piacere fisico e quello elevato, intellettuale, che tocca l’anima.

Con l’amore si ha passione del corpo e dello spirito. L’Amore è desiderio quindi mancanza, bisogno e nel medesimo tempo desiderio di mantenere ciò che non si ha ma anche ciò che spinge l’individuo oltre la morte. Il desiderio di perpetuarsi oltre sé stesso non è altro che il desiderio di sconfiggere l’estinzione di sé stesso.

Con i neoplatonici l’amore diventa una forma di conoscenza, la verità dell’essere non è un semplice concetto impersonale, ma in essa vi partecipa il soggetto che è animato da una tensione bramosa che anela al Sapere, un amore ascensivo e possessivo, dell’uomo verso l’Assoluto. A questo concetto si affianca poi quello religioso di agape per indicare l’amore di Dio verso l’uomo per ricongiungerlo a sé.

La concettualizzazione dell’elevazione dell’uomo verso Dio, in quanto oggetto dell’amore è analoga alla dottrina teologica e cosmologica di Aristotele per il quale Dio, come ente perfetto, non ama il mondo ma è amato, e lo muove appunto come l’oggetto dell’amore che, attraendo, muove senza muovere, da qui il concetto di Dio come motore immobile. Prevale peraltro, in Aristotele, la tendenza ad analizzare l’amore prescindendo da riferimenti metafisici e teologici, come fenomeno puramente umano. Riprendendo l’idea platonica dell’amore come bisogno, imperfezione o mancanza, Aristotele afferma che all’amore si accompagnano sempre il desiderio e l’eccitazione, la tensione emotiva: l’amore si ha quando si desidera l’oggetto amato quando è assente, e lo si brama quando è presente.

Come si vede per Platone e Aristotele, al di là delle oggettive differenze, si evince l’amore, come unione e non come unità, realizza un rapporto reciproco, concreto, umano, finito che consolida e non nega le soggettività individuali.

Nel prossimo articolo ci avvicineremo al mondo contemporaneo.

Lamberto Tagliasacchi

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