Un contributo di Gabriela Ragazzi
La prima volta che ho visto Pippi sono scappata.
Era troppo per me. Ho visto un “mucchietto di ossa” su una carrozzina e non ho retto.
Come poteva esistere tutto questo?
Eppure, la tenerezza con la quale era stata presa in braccio da Michela e Luca, mi era entrata sottopelle.
Dopo un anno il ricordo di quella tenerezza mi ha fatto ritornare. Così ho avuto la fortuna di conoscere Pippi.
Credo che Pippi non capiti a caso nelle vite degli altri; le sono profondamente grata per essersi incrociata con la mia, anche se per un breve tratto.
Pippi non si dimentica; anche se ormai non è più qui, sono certa che il suo ricordo rimarrà con me nel profondo.
Oggi mi piace immaginarla finalmente libera dalle costrizioni del suo corpo così rattrappito, vibrarsi leggera in un’altra dimensione immersa nella luce e nell’amore.
L’amore la più potente forma di comunicazione…
Pippi sapeva comunicare, i suoi occhi così vivaci sapevano esprimere il suo mondo altrimenti inaccessibile. Di lei ricordo la sonora risata quando le avvicinavi la musica all’orecchio. Appariva subito un grande sorriso che si trasformava in una risata irresistibilmente contagiosa con le canzoni napoletane e con Pippi Calzelunghe. Un must: quante volte in caso di crisi mi ha salvato cantarle Pippi Calzelunghe ritrovandomi a ridere con lei.
Stare con Pippi una giornata intera era stancante, pensavo sempre a come potesse farcela sua madre. Era impegnativo prendersi cura di lei, eppure la sera ti ritrovavi “piena di bellezza”, quella che infondeva Pippi nel suo affidarsi completamente, docile, vulnerabile e incredibilmente (per me) allegra nonostante tutto…
Mi faceva riflettere sul mio modo di affrontare la vita, sul mio lamentarmi in fondo di tutto e di niente…
Pippi ovunque tu sia,
continua ad insegnarmi ad andare oltre me, ad amare e onorare la vita con tutta me stessa, ad amare…
Tu mi hai fatto vedere che è possibile sempre e comunque.
Grazie