Pensare con il cuore

Pensare con il cuore

Da circa un paio d’anni, lavorando nell’ambito delle malattie cardiovascolari, mi sono chiesta che cosa significasse la salute del cuore e quali fattori la influenzassero.

Al di là di ciò che è misurabile clinicamente come la pressione alta, il colesterolo in eccesso etc, è tangibile il fatto che la salute di quest’organo sia dovuta anche ad altri aspetti.

Storicamente il cuore è uno degli organi che più affascina e incuriosisce gli esseri umani, in gran parte per le implicazioni filosofiche e affettive da sempre legate ad esso. Le civiltà del passato si occuparono del cuore sia come organo sede dell’anima e degli affetti sia come origine della forza vitale. Vien da sé pensare che, fin da tempi remoti, si ritenesse che i nostri pensieri e le nostre emozioni influenzano il funzionamento del cuore e più in generale di tutto il nostro corpo. Ci basti pensare a come cambia il battito cardiaco quando siamo rilassati o quando siamo in stato di stress o ansia.

Il riconoscimento del legame tra fattori emotivi e sociali con la salute cardiaca appartiene, oltre che al senso comune, anche alla storia clinica. Già nel 1628 W. Harvey sosteneva che un “turbamento mentale”, che determini uno stato affettivo doloroso, influisce sull’attività del cuore, e successivamente, studiosi di inizio ‘900 affermavano che un’alta pressione sanguigna di origine sconosciuta (essenziale o primaria) era prevalente tra le persone orientate al raggiungimento di elevati status sociali e tendenti all’inibizione difensiva di aspetti emotivi e cognitivi della rabbia.

Gli studi più recenti sull’individuazione di componenti emotive caratteristiche riconducibili a malattie cardiache rivolgono il loro interesse verso due punti specifici:

– affettività negativa, ovvero la tendenza a vivere un disagio diffuso ed un pessimismo pervadente;

– inibizione sociale, in riferimento alla difficoltà della persona a manifestare le proprie emozioni ed idee, la cosiddetta consuetudine di “tenersi tutto dentro”, e il sentirsi in difficoltà nelle interazioni sociali.

Queste due componenti denotano, secondo gli studi di Denollet e altri autori, la tendenza ad essere impauriti senza una specifica ragione ed avere una visione pessimistica della vita, sentirsi depressi, irritati e poco coinvolti nell’esperienza di stati d’animo positivi.

Di fronte a queste premesse, vien da chiedersi che cosa sia possibile fare, dal punto di vista emotivo, per preservare o migliorare la salute del cuore. È stato dimostrato che le emozioni positive sostenute nel tempo facilitino un cambiamento globale nel funzionamento psicofisiologico, che è segnato inoltre da un netto cambiamento nel ritmo delle attività del cuore. Questo cambiamento globale genera uno stato di funzionamento ottimale, caratterizzato da aumentata sincronizzazione, armonia ed efficienza nelle interazioni tra i sistemi fisiologici, cognitivi ed emotivi.

Nei prossimi articoli parleremo nello specifico delle emozioni e dei pensieri che incrementano e predispongono alla salute del cuore e globale.

Tratto da:

  • Clinica psicologica della malattia cardiaca (2006), E. Molinari, A. Compare, G. Parati, Springer-Verlag;
  • The Central Role of the Heart in Generating and Sustaining Positive Emotions (2009), Rollin McCraty et al., Oxford Handbook of Positive Psychology;
  • Emotional distress and fatigue in coronary heart disease: The global mood scale (GMS) 1993, J. Denollet, Psychological Medicine.

Comitato Scientifico UPE

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