L’uomo, la vita e gli alieni – Parte 2

L'uomo, la vita e gli alieni - Parte 2

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Se una o più civiltà extraterrestri fosse interessata a contattarci – sempreché ciò non sia già avvenuto in passato, come sostenuto della teoria degli antichi astronauti che ipotizza un contatto tra civiltà extraterrestri e antiche civiltà umane che avrebbe dato origine all’attuale popolazione umana – dobbiamo necessariamente riuscire a interloquire con essi.

 

Avremmo bisogno di un piano di comunicazione con le civiltà aliene per elaborare il quale occorre prendere in considerazione come si forma il linguaggio e quali condizioni siano necessarie perché si possa comunicare. Dobbiamo valutare la possibilità che l’alieno non possieda una volontà cosciente o una teoria della mente come la nostra. Può essere che concetti quali domanda o fine non abbiano per loro il senso e il principio che la civiltà umana gli attribuisce.

 

Per il filosofo austriaco Ludwig Josef Johann Wittgenstein il linguaggio presuppone una forma di vita, gli esseri umani dialogano fra di loro condividendo comuni intuizioni sul mondo, intuizioni originate dalla propria biologia. Egli parla di giochi linguistici, dove il significato di una parola è il suo uso in un particolare contesto e il linguaggio fa parte di una forma di vita nel senso che è in relazione con una particolare situazione pragmatica, vive e si trasforma in un contesto di abitudini, simboli e credenze.

 

Ma in un dialogo con creature extra terrestri il sostrato comune che Wittgenstein individua come precondizione necessaria potrebbe non essere presente e il rischio della non comprensione sarebbe altissimo.

 

Sulla base invece di quanto affermato da Noam Chomsky potremmo invece dedurre che questo rischio non ci sia.

 

Il linguista statunitense ritiene che le eventuali forme di vita aliene potrebbero seguire le regole della grammatica universale, che sarebbe alle base di tutte le lingue terrestri. Esisterebbe una componente genetica nel linguaggio e la capacità di comprenderlo sarebbe innata. Attraverso un processo di fusione delle unità lessicali nelle frasi (Merge) si generebbero parti di discorso sempre più grandi e complesse. Ciò sarebbe alla base dell’evoluzione della comunicazione nata circa 40mila anni fa. Secondo Chomsky se la grammatica universale si basa sul Merge non vi sarebbero ostacoli alla comunicazione e comprensione con gli alieni, seppure i mondi e le evoluzioni siano state molto differenti.

 

Non sappiamo se la tesi di Chomsky sia corretta o se invece, mancanza del sostrato comune alla base dei giochi linguistici descritti da Wittgenstein, la comunicazione sia impossibile ma certamente è assolutamente indispensabile porci seriamente il problema. Sarebbe un errore gravissimo non approfondire l’argomento o relegarlo a mera discussione ascientifica.

 

Non sappiamo se e quando ci sarà un contatto ma sarebbe imperdonabile sia evitarlo che farsi trovare impreparati. In questo senso ben vengano anche iniziative come quelle del SETI (Search for Extra-Terrestrial Intelligence) che invia messaggi nello spazio, oltre il nostro sistema solare, con il fine di destinarli ad eventuali forme di vita extraterrestri intelligenti – che, si presuppone, in quanto tali non ostili.

 

Il linguaggio adottato in queste comunicazioni/informazioni, che sono inviate o con messaggi radio o fisicamente, con disegni o supporti acustici contenenti messaggi di molteplici lingue del pianeta, all’interno di sonde spaziali, si basano per lo più su una logica prettamente matematico – simbolica (ritenuta conoscibile da qualunque civiltà in grado di costruire dei radiotelescopi).

 

 

Lamberto Tagliasacchi

Voce Andrea Di Cosola

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