Le minuscole cose

Le minuscole cose

Un contributo di Fabiana

Ho avuto un paio di giorni per ambientarmi nella casa nuova e conoscere la mia nuova famiglia.

Ho giocato tantissimo con i bambini e con il cane più carino dell’universo: Yogi. Mi ha aiutata molto davvero, sembrava mi capisse, avvertisse la mia ansia, mi curasse un po’ ad ogni carezza che gli facevo. In quei giorni non sono riuscita a stare calma un secondo, ero tesa come chi sta per andare in una scuola all’estero dove parlano una lingua che non è la sua.

 

Di certo non potevo fermare il tempo, quindi il lunedì mi alzai con un anticipo di tre ore circa, nel panico più totale, per prepararmi al mio primo giorno di scuola.

Ho controllato di avere tutto l’occorrente una decina di volte, però mancava ancora una cosa: la cravatta.

Un piccolo problema sorgeva all’orizzonte: non ero capace di fare il nodo. Così dopo una ventina di minuti a cercare di capire come fare, mi aiutò il papà: io lo fissavo esterrefatta dall’abilità e velocità con cui eseguiva quell’operazione, ormai ad occhi chiusi.

 

Arrivata a scuola, sono stata fatta accomodare su un divanetto in segreteria insieme ad altri ragazzi spagnoli e tedeschi, anche loro in ansia per la loro prima giornata.

Dopo un’ora che mi sembrò un mese mi fecero entrare nell’ufficio della preside, la quale mi preparò l’orario con le materie che avevo scelto.

Vagavo per questa scuola, diversa ma uguale. Entrai nella classe a cui ero stata assegnata cercando di capire la lezione, senza successo. Mi sono sentita davvero stupida perché non capivo praticamente nulla. Con il cuore in gola sono andata nella classe successiva, stesso risultato.

 

Finito il primo giorno scuola, mi sentivo più strana e confusa che mai. Dovevo andare alla fermata per prendere il bus: non so nemmeno io come sono riuscita a perderlo, imbarazzante; eppure un bus non parla in una lingua diversa…

 

Il secondo giorno capii che per spostarsi da una classe all’altra c’erano dei percorsi ben studiati; in modo tale da non creare blocchi. I corridoi si potevano percorrere solo in una direzione ma io ne ero ignara, quindi con modo tranquillo mi avviavo alla mia classe seguendo il percorso più veloce, ignara del fatto che non si potesse. Succedeva che spesso e volentieri i responsabili non mi facessero passare oppure ottenevo spinte da altri studenti che andando di fretta non si aspettavano di trovare qualcuno di fronte.

 

Poi ho conosciuto una ragazza tedesca, con lei ho condiviso diverse lezioni e mi ha fatto riscoprire il mio buonumore giornaliero. Per aiutarci a fare amicizia la professoressa di musica ci ha consigliato di frequentare il coro della scuola. Abbiamo accettato e avuto modo così di parlare con ragazzi locali, che si sono rivelati con un cuore grande.

 

I giorni seguenti ho parlato con dei ragazzi italiani che erano a scuola con me e devo dire che a loro devo moltissimo: mi hanno aiutata ad integrarmi e ci siamo legati tantissimo gli uni agli altri. I pomeriggi freddi, piovosi e lunghi passati insieme che sembravano minuti, entrare nei supermercati a fare gli scemi e ridere davanti a delle lattine di ceci precotti, così, senza motivo; solo perché ci bastava essere insieme e non importava dove.

 

Sapete quando vi svegliate la mattina e non siete per nulla contenti e usciti di casa tutto va storto e incontrate persone maleducate e vi viene rabbia? Insomma una classica mattina in Italia. Ecco vedete io mi svegliavo e mi accorgevo di tutte le minuscole, bellissime cose da cui ero circondata e non potevo che sorridere.

 

Ero anche piena di insicurezze e i fatti spiacevoli capitavano anche a me. Ho preso i brutti voti, le sgridate dai professori e dalla famiglia, ho incontrato difficoltà, incomprensioni, momenti di debolezza, crisi di pianto (io che non piango mai), di nervoso, per mancanza della mia famiglia e della mia casa, ma le persone che incontravo alla fermata mi sorridevano, salivo sul bus e l’autista mi dava il buongiorno più sincero che abbia mai ricevuto da un’autista; arrivata a scuola la maggior parte delle persone non mi faceva sentire sbagliata o diversa, si avvertiva il buonumore. C’era questo circolo di positività intorno a me che non smetteva mai.

Fabiana

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