I vantaggi della CUI nel mondo del lavoro – parte 5

I vantaggi della CUI nel mondo del lavoro

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Nei precedenti articoli abbiamo fatto un excursus sui 7 Condizionamenti Primari Inconsci (CPI) – classificati dalla CUI come affettivo, socievole, insicuro, orgoglioso, lucroso, comodo e salutista – e su come la stessa CUI possa aiutarci nel mondo del lavoro (e della vita in generale) proprio in riferimento a questi CPI.

Ricordiamoci che tutti gli esseri umani che popolano il nostro pianeta possiedono tutti e 7 i CPI, ma su questi 7, 1 o 2 sono preminenti. Il CPI è, di fatto, quel “regalo” che noi ci portiamo dalla nascita (parte biologica) e che si modella durante la nostra crescita a seconda degli eventi/traumi/ferite che caratterizzano la prima parte della nostra vita.

Il bisogno di riconoscimento, argomento di oggi, è anch’esso trasversale a tutti gli esseri umani ed è senza dubbio uno dei bisogni più importanti dell’essere umano.

A tutti noi piace essere notati, visti e apprezzati per le nostre qualità, caratteristiche, competenze, abilità e, in definitiva, per come noi siamo e ci portiamo nel mondo. E fino a qui non c’è nulla di problematico.

Il problema sorge quando questo bisogno diventa il motore che ci fa muovere in ricerca di un’approvazione continua (che normalmente difficilmente arriva, tra l’altro): in altre parole rinunciamo ad affermare noi stessi perché siamo sempre in cerca del riconoscimento altrui. Senza addentrarsi troppo nelle cause, si può dire che il bisogno di riconoscimento (quello patologico per intenderci) si sviluppa quasi sempre nei primi anni di vita dove il bambino non viene “visto” o riconosciuto emotivamente da parte dei genitori. Le conseguenze negative possono essere ad esempio una scarsa autostima o valore di sé, o vivere una vita voluta da altri (ad es. genitori, parenti, amici o colleghi di lavoro ecc…) e non la vita che vorremmo per noi.

Come avrete capito il bisogno di riconoscimento può annidarsi in qualsiasi situazione relazionale, tra cui anche il mondo del lavoro.

Come per i CPI, anche per il bisogno di riconoscimento, i vantaggi che la CUI può offrire sono molteplici: oltre ad una conoscenza migliore di se stessi ed una migliore gestione di questo bisogno che, se non gestito bene potrebbe portarci in situazioni lavorative non desiderate con il risultato ad es. di un forte stress psicofisico (perché una vocina in noi ci sta dicendo che non è quello che realmente vogliamo nella nostra vita), ci può portare ad un miglior rapporto con l’altra persona.

Il principio di base è sempre lo stesso: se io soddisfo il bisogno dell’altro e l’altro soddisferà il mio (visto che anche io ho il mio bisogno di riconoscimento!). Come fare? Come abbiamo già detto ci vuole grande capacità di ascolto (il cosiddetto ascolto attivo, dove ci si mette da parte per intenderci, lasciando spazio a quello che ci sta portando l’altro) e altre capacità proprie dell’Intelligenza Emotiva: capacità di autogestione, capacità relazionale e capacità empatica.

Vi faccio un esempio capitatomi qualche anno fa con un professionista molto bravo ma che aveva la nomea presso altri colleghi di una persona con cui era molto difficile lavorarci. Consapevole di questo, invece di mettere a competere il suo ego con il mio, ho esordito nel primo incontro con un complimento (attenzione vero non falso) riguardo al fatto che avevo sentito parlare molto bene delle sue capacità e competenze lavorative che testimoniavano la sua bravura. E quando mi parlava di quello che aveva fatto e sapeva fare l’ho ascoltato con attenzione e anche ammirazione. Lui nella riunione ha ascoltato me, per quanto poteva fare, certo, ma io non mi sono offeso, comprendendolo. L’incontro è andato benissimo e abbiamo deciso di cominciare nella collaborazione! L’avevo visto, l’avevo riconosciuto e lui mi aveva messo a mio agio da subito.

Entrando in aspetti un po’ più profondi, possiamo dire che il bisogno riconoscimento è un bisogno di quella parte di noi più materiale, mentre è assolutamente estraneo alla nostra parte spirituale o animica. Vi porto a questo proposito una considerazione dell’ultimo residenziale UPE:

L’Essere non ha pensieri umani e finiti, ma è infinito e non ha attaccamento.

La propulsione dell’Essere è totalmente fuori dal bisogno di riconoscimento

Andrea Forni- Comitato Scientifico UPE

Voce di Chiara Lenzi

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