Amore ed innamoramento
Guida pratica per la realizzazione del futuro
Innamoramento e amore vengono spesso considerati una cosa sola. Sono invece due definizioni che spesso si sovrappongono, ma non indicano la stessa cosa. Questo può dare adito a sofferenza che spesso si cela tra le pieghe della comunicazione.
Vorrei quindi parlare della differenza tra innamoramento e amore, in quanto a volte le tensioni, le incomprensioni, le sofferenze psicofisiche di una coppia hanno origine proprio dalla non comprensione di questa differenza.
Tra fisiologia e psicologia, tra arte e filosofia proviamo a farci un po’ di chiarezza.
La pulsione sessuale è, che lo riconosciamo o meno, alla base del processo: questa indispensabile pulsione propria della vita così come la conosciamo genera, al fine di conservare la specie d’appartenenza (bisogno primario), una serie di reazioni che alterano la chimica del sangue con attivazioni di aree celebrali e relative risposte fisiche più o meno evidenti.
Negli esseri umani quando parliamo di innamoramento ci riferiamo ad uno stato psicofisico che provoca, oltre alle reazioni fisiologiche, anche una varietà di comportamenti caratterizzati dalla emotività, che si manifesta nel momento relazionale, associata ad un’intensa attrazione sessuale più o meno manifesta. (Le regole sociali e morali nel tempo hanno trasformato la pulsione sessuale in qualcosa da celare, da non esprimere, da condannare, un peccato pure pensarlo, proprio delle bestie… ma non voglio entrare in un giudizio, questo è parte della incomprensione tra le coppie).
Quindi l’innamoramento è qualcosa di impulsivo, viscerale, primitivo, di primaria importanza per la specie umana, avente a che fare più con la chimica che con la psicologia.
Quando ci innamoriamo di una persona, quello che avviene nel nostro cervello, inteso come organo e non come psiche, è molto interessante. Gli ormoni svolgono una parte essenziale in questo processo: i primi ad entrare in gioco sono i ferormoni, sostanze volatili che si liberano creando un’attrazione fisica, per lo più olfattiva, verso l’altro. Ci accorgiamo della presenza di segnali che istintivamente colleghiamo alla “disponibilità” all’accoppiamento.
La fenelinatimina è il secondo ormone che viene prodotto e che stimola sia la libido che l’atteggiamento positivo verso il mondo, ci predispone all’azione generando uno stato euforico e di trepidante eccitazione.
Poi intervengono l’ossitocina e la vasopressina che, agendo sul senso di benessere, aiutano a sviluppare il legame (negli umani questo momento si aggancia al bisogno di affettività ed è la genesi delle successive interazioni emotive).
Infine il testosterone, assieme alla dopamina, responsabile delle pulsioni, dell’eccitazione sessuale e della ricerca dell’altro.
Il cocktail che queste sostanze creano nel nostro organismo, ci porta in quello che si può quasi dire uno stato di coscienza alterato, infatti questi ormoni sono gli stessi neurotrasmettitori che si attivano nei soggetti tossicodipendenti quando assumono la sostanza artefice della loro dipendenza e che spessissimo porta gli innamorati a riconoscersi totalmente “dipendenti” dall’altro/a.
Tutto questo per fortuna ha un tempo definito, non è eterno, perché la presenza di questo stato eccitato consuma tantissimo (come un motore sempre al massimo dei giri).
E dopo… che succede?
Può evolvere in un’esperienza più complessa che è chiamata amore, oppure si può modificare in altro come per esempio può essere la “simpatia”, “volersi bene”, “affettività” oppure soltanto “il ricordo di un amore” o addirittura una profonda “delusione”.
Quindi è nella fase discendente della curva ormonale che entra in gioco ciò che chiamiamo amore, se ci sono le condizioni per farlo.
Continua…
Stefano Scaccianoce
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