I neuroni dell’Ippocampo che ci fanno sentire sicuri

Selezione a cura della Dott.ssa Alessandra Fais


 

Il senso di sicurezza che si può provare in una situazione potenzialmente pericolosa è modulato dall’attività di un particolare gruppo di neuroni dell’ippocampo. La scoperta, pubblicata su “Nature Communications”, apre le porte a nuovi approcci farmacologici per la terapia degli stati d’ansia patologici, in cui sono vissute come minacciose situazioni che invece non lo sono.

I circuiti neurali dell’ippocampo sono stati molto studiati per il loro coinvolgimento nella gestione dei ricordi e per il ruolo di alcuni di essi, i cosiddetti neuroni GPS, nella capacità di stabilire la propria posizione nello spazio; una scoperta, quest’ultima, che è valsa a John O’ Keefe e May-Britt ed Edvard Moser il premio Nobel per la medicina e la fisiologia del 2014.

Solo in anni recenti i neuroscienziati hanno iniziato a concentrarsi sulla funzione di questa struttura cerebrale nella gestione delle emozioni e dei comportamenti che determinano.

Studiando l’attività cerebrale in un gruppo di topi, Sanja Mikulovic dell’Università di Uppsala e colleghi hanno notato che quando un animale era in presenza di una potenziale minaccia ma si sentiva comunque al sicuro (perché il pericolo era distante oppure perché aveva un rifugio sicuro), nella parte ventrale dell’ippocampo si manifestava una caratteristica attività ritmica, detta delle onde theta di tipo II

 

I ricercatori hanno quindi scoperto che queste onde erano innescate dall’attivazione di un tipo particolare di neuroni, chiamati interneuroni OLM, attivazione che invece non avveniva se i topi erano in una situazione di grave pericolo imminente.

Esperimenti successivi hanno mostrato che l’attivazione a comando di quei neuroni portava i topi ad assumere comportamenti rischiosi che normalmente avrebbero evitato; al contrario, la loro disattivazione forzata poteva innescare comportamenti ansiosi in situazioni poco minacciose. Poiché negli interneuroni OLM sono presenti recettori della nicotina, questo potrebbe spiegare anche perché nelle situazioni di stress i fumatori aumentino il consumo di sigarette.

 

È anche possibile che nelle persone con una maggiore tendenza a correre rischi questi neuroni dell’ippocampo siano particolarmente sensibili all’attivazione. (Nel caso delle persone che “amano” letteralmente il rischio entrano in gioco anche altri circuiti neuronali, anzitutto quelli del sistema della ricompensa, che usa come neurotrasmettitore principale la dopamina, ma non l’acetilcolina, come invece gli interneuroni OLM.)

La scoperta di questo specifico tipo di neuroni apre le porte alla ricerca di farmaci per la terapia delle gravi forme di ansia, come l’ansia generalizzata; gli interneuroni OLM potrebbero essere usati come bersaglio specifico, evitando il ricorso a farmaci che, agendo su tutto il cervello, causano anche effetti avversi.

 

 

Articolo interamente tratto da “Le Scienze” del 12 settembre 2018

Segue il link allo studio completo citato nell’articolo

nature.com/articles/s41467-018-05907-w

 


 

 

 
unsplash-logoBrook Anderson

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