Meditazione, filosofia e religione.

Meditazione, filosofia e religione.

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Dalla notte dei tempi l’uomo s’interroga su di sé e sulla natura. Sin da quando l’essere umano ha potuto percepire e, ancor più, ragionare, ha potuto concentrarsi per raggiungere concetti elevati, entrando in sintonia con sé e la natura, distaccandosi dal fruscio di sottofondo.

La meditazione è uno strumento che l’uomo, in tutte le culture, in tempi e luoghi differenti, utilizza per vagliare un problema esistenziale di natura filosofica, religiosa o personale, per raggiungere una maggiore consapevolezza di sé.

Nel meditare non si hanno risposte preconfezionate, chi medita non ha una sua nozione da affermare ma si pone, con meraviglia e stupore, di fronte all’esistenza del mondo. La meditazione è una pratica che si esercita fermando a lungo e con intensa concentrazione spirituale la mente sopra un oggetto del pensiero con l’unico fine di intenderne l’essenza, indagarne la natura, o trarne sviluppi o conseguenze.

Le pratiche meditative non hanno risposte assolute e si muovono in uno stato aperto in cui mente e corpo non sono in un rapporto di dualità, ma di unità. La meditazione vaglia tutto ciò che percepisce in una condizione di presenza e consapevolezza, nell’hic et nunc.

La filosofia, pur agendo su un livello puramente teorico, si muove sullo stesso stato aperto e, talvolta, utilizzando anche la meditazione, vaglia tutte le ipotesi, anche le più banali. In più, la filosofia con la meditazione (che per essa costituisce utile strumento d’indagine) può vivere una teoria e assaporarne il contenuto, percependo e così comprendendo il fatto esistenziale. Sussiste però una differenza fondamentale tra filosofia e meditazione, la prima, diversamente dalla seconda, che può essere meramente percettiva ma ugualmente raggiungere il vero, non può agire in assenza della ragione. La Filosofia può sì assaporare il concetto avvalendosi della meditazione ma non può non avere e formulare una teoria sul concetto stesso.

La filosofia inoltre si distingue non solo dalla meditazione ma anche dalla religione, nella quale c’è ampio e profondo utilizzo della pratica meditativa,poiché non ha alcun dogma o fine da dimostrare al di fuori del raggiungimento del vero. La filosofia, in sintesi, come affermò Socrate, è una «dotta ignoranza».

Una ignoranza diversa da quella descritta da Krishnamurti, secondo il quale è conseguenza del conflitto del diventare, di auto realizzarsi che conduce inevitabilmente anche al male, al dolore e alla sofferenza.

Per Socrate invece il male non è conseguenza dell’autorealizzazione ma una realizzazione involontaria causata dall’ignoranza. L’uomo è naturalmente incline alla felicità che può raggiungere però solo attraverso il bene che, a sua volta può essere fatto solo attraverso la conoscenza e la ragione. E il maestro per Socrate non è colui che diffonde verità assolute che dichiara di possedere, ma quello che aiuta, pur tra infiniti dubbi e incertezze, a far nascere quella verità che abita dentro di noi, anche se contrastante le opinioni più diffuse e comuni. Egli insegnava, tramite il dialogo, a costruirsi verità che si reggessero da sole e non perché fondate sulla fede.

L’uomo cerca risposte assolute, soluzioni certe a vari problemi della vita che, invece è di per sé incomprensibile. Mentre gli animali possono vivere la loro esistenza regolata dall’istinto nell’indifferenza della problematicità, l’uomo si pone domande a problemi senza fine e cerca risposte ugualmente infinite. È per questo che, secondo Galimberti, l’uomo ha attribuito a un Dio onnisciente la capacità di rispondere alle sue domande tramite comandamenti e dogmi in grado di fornire risposte sicure ma che, invece, si rivelano insoddisfacenti alla domanda fondamentale: se esiste un Dio, come spiegare il male? Gli uomini sono incapaci a rassegnarsi al mistero, al silenzio di Dio, e con la loro ragione continuano a porsi domande infinite.

Mentre la filosofia, anche quella religiosa, si pone in contrasto con la religione in sé, posandosi senza pregiudizi sulle solide basi della ragione, la meditazione è spesso utile per raggiungere la parola di Dio, come dimostra la pratica della preghiera interiore nel cristianesimo o l’invocazione nell’islamismo. Nella cultura orientale, poi, la meditazione (che non ha una unica tecnica ma dipende dalle diverse pratiche) è utile per il superamento della dualità soggetto/oggetto o per raggiungere la visione della divinità o, in taluni casi, arrivare ad uno stato d’essere che si manifesta come assenza di pensieri.

Dal punto di vista scientifico la meditazione è stata oggetto di studi che hanno permesso di accertare come essa permetta la diminuzione di ansia e stress e il miglioramento generalizzato della salute. È stato verificato che la meditazione è in grado di modificare le connessioni nervose; attenuare la depressione e aumentare le difese immunitarie. I processi che permettano questo non sono ancora chiari ma certamente la meditazione ha dimostrato una sua utilità anche in un utilizzo psicoterapeutico.

È incontestabile l’assoluto bisogno dell’uomo di dare senso alla realtà (che è ciò che ci fa star bene) e nella semplicità di accesso a tutti sta il successo della meditazione o, meglio, del medwellness. Non c’è bisogno di una particolare preparazione, chiunque può accedervi, liberandosi delle sovrastrutture create dall’esperienza per adattarsi al presente, continuamente, istante per istante, rispondendo così alle pressioni esercitate dall’ambiente che ci circonda. Pressioni che causano insicurezza, ansia, depressione, male.

Lamberto Tagliasacchi

Voce Andrea Di Cosola

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