Circuiti cerebrali e dipendenze

Selezione a cura della Dott.ssa Alessandra Fais


 

Il rischio di diventare dipendenti da sostanze d’abuso è legato alla stabilità e all’efficienza delle sinapsi di alcuni circuiti cerebrali situati in una specifica regione del cervello: il nucleo accumbens. A stabilirlo è una ricerca condotta da neuroscienziati e biologi molecolari dei National Institutes of Health a Bethesda, che firmano un articolo pubblicato su “Nature Neuroscience”.

 

L’esposizione a sostanze d’abuso innesca spesso comportamenti caratterizzati da una forte perseveranza nella ricerca della droga, accompagnata da una motivazione altrettanto forte. Tuttavia, questi comportamenti si manifestano con una facilità e un’intensità variabili da individuo a individuo, a cui corrisponde una maggiore o minore probabilità di diventare dipendenti.

Per comprendere il meccanismo cellulare sottostante a questa variabilità i ricercatori hanno addestrato un gruppo di topi a compiere un compito che permetteva loro di autosomministrarsi cocaina, per poi controllare la quantità di lavoro che i singoli animali erano disposti a sobbarcarsi per ottenere la ricompensa.

Le sinapsi dei neuroni del nucleo accumbens presentano due tipi differenti di recettori per la dopamina, indicati come D1 e D2: i neuroni che esprimono sinapsi con i recettori D1 hanno collegamenti diretti con le aree cerebrali del mesencefalo, mentre i neuroni che esprimono i recettori

D2 sono collegati al mesencefalo solo in modo indiretto.

 

I topi in cui erano particolarmente stabili ed efficienti le sinapsi dei circuiti neuronali della via diretta erano quelli che mostravano un comportamento compulsivo di ricerca della droga, al contrario di quelli in cui erano più sviluppate le sinapsi della via indiretta, che tendevano a non manifestare il comportamento o a manifestarlo solo in misura modesta.

Dal momento che la presenza di recettori di tipo D1 oppure D2 dipende dall’attivazione di geni differenti, una nuova opzione per il trattamento delle dipendenze potrebbe essere quella di somministrare sostanze in grado di interferire con l’espressione di quei geni, indebolendo la stabilità delle sinapsi con recettori D1 e rafforzando invece quella delle sinapsi con recettori D2.

 

 

Interamente tratto da “Le Scienze” del 3 aprile 2013

Di seguito il link allo studio citato nell’articolo 

https://www.nature.com/articles/nn.3369

 


 

 

unsplash-logoDmitry Ermakov

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