Scienza e Filosofia, storia di una relazione
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La scienza, così come la filosofia, non ha avuto una definizione unica ed univoca nel tempo. Ci sono stati periodi nei quali filosofia e scienza sono state un’unica cosa; altri nei quali hanno designato due diversi modi di rappresentare la realtà, talvolta sono state in competizione ed anche in totale contrasto, tanto da ritenersi l’una priva di senso se non addirittura dannosa rispetto all’altra.
Ma prima di addentrarci sul rapporto esistente tra la scienza e la filosofia è necessario dare una definizione di cosa s’intende, oggi, per scienza e cosa per filosofia.
La scienza si può definire come un sistema di conoscenze acquisite tramite osservazioni ed esperimenti elaborati sulla base di rigorosi procedimenti logici, verificabili e ripetibili,
mentre la filosofia è analisi della realtà, del mondo e dell’uomo, del loro senso e fine.
Già da queste definizioni appare evidente che la scienza è autonoma, procede secondo un suo metodo, il metodo scientifico, ma non ha un fine preciso. Potremo affermare che ha una natura pragmatica ma non teleologicamente definita.
La filosofia, invece, ha un fine preciso che nasce dal desiderio di conoscere la verità. Un bisogno che, secondo Platone e Aristotele, ha la sua origine dalla meraviglia che prova l’uomo quando si pone davanti all’universo come un Tutto. La filosofia si pone come impostazione unitaria della conoscenza, e come discussione dei suoi limiti e delle sue possibilità, ha un fine preciso ma non un metodo specifico. Potremo quindi dire, almeno questa è la mia idea, mi perdonerà Peirce, che la filosofia è pragmaticistica (termine che il padre del pragmatismo attribuiva invece al metodo scientifico, da lui ritenuto l’unico sufficientemente elastico da essere efficacemente in ascolto della realtà), ma teleologicamente definita. A differenza della scienza la filosofia è disposta a mettere in discussione il metodo della ricerca – ma non la ricerca (e in ciò conformemente alla scienza) – ed il suo fine.
La filosofia, come detto, non ha un metodo univoco ma i filosofi nel tempo hanno individuato dei punti fissi e fondamentali per l’analisi: il cogito di Descartes, i dati sensoriali degli empiristi, le verità metafisiche necessarie dei razionalisti. Tutti punti validi all’interno della teoria, tali da poter essere di base a tutto il resto della conoscenza e dei valori ma non certi in assoluto. Infatti il già citato Peirce sosteneva, in opposizione a Descartes, che nulla è esente da dubbio.
Nell’antica Grecia non vi era sostanziale distinzione tra filosofia e scienza, entrambe avevano come obiettivo quello di raggiungere una verità relativa ai valori universali, al vero, al giusto, al bene, la cui essenza secondo Platone non era altro che lo strumento per agire bene per la comunità.
Con l’osservazione diretta della natura e la conoscenza ricavata dall’esperienza, utilizzando un metodo matematico sperimentale e non più un matematico deduttivo, avviene la separazione tra la scienza e la filosofia con una netta svalutazione della seconda, intesa come inutile metafisica.
Tale contrapposizione, ancora imperante, per lo più nel senso comune, vede però dalla fine del novecento anche una diversa interpretazione.