L’uomo, la vita e gli alieni – Parte 1

L'uomo, la vita e gli alieni - Parte 1

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Da sempre l’uomo, in ogni epoca e luogo, si è posto la domanda sull’esistenza di altri mondi e altre forme di vita nell’universo. A questa domanda alcuni filosofi diedero una risposta ben prima che le scoperte scientifiche che avvennero dal XVII secolo in poi permettessero di dimostrare l’errore del geocentrismo e supporre l’esistenza di vita aliena.

 

Nel VI sec. a.C. Anassimandro ipotizzò che la fonte di tutte le cose conosciute era un elemento indeterminato e perciò ne derivava che potevano esistere più mondi, diversi uno dall’altro. Epicuro tra la fine del IV e l’inizio del III secolo a.C. riteneva che potessero esistere infiniti mondi, sia uguali che diversi dalla terra, poiché infiniti sono gli atomi che li costituiscono. Più recentemente Giordano Bruno arrivò a immaginare un universo infinito, popolato da un’infinità di stelle come il Sole, ciascuna circondata da pianeti, alcuni dei quali abitati da esseri intelligenti. Baruch Spinoza affermò a metà del 1600 che la scienza ci permette di capire che sarebbero possibili altri mondi.

 

Il pensiero occidentale, quindi, pur profondamente influenzato dalle tesi platoniche e aristoteliche, che sostenevano l’unicità della Terra, ulteriormente irrigidito poi da interpretazioni dogmatiche del cristianesimo, anche prima delle scoperte scientifiche non escluse l’esistenza di altri mondi e di vita aliena.

 

Anche nella cultura orientale non mancano riferimenti a razze non umane. In alcuni testi sacri hindū (Purana, III secolo a.C.) si racconta di quattrocentomila razze simili all’uomo che vivrebbero in altri mondi.

 

L’antropocentrismo è stato – e ancora per molti lo è – una condizione estremamente limitante al pensiero umano che ci rende incapaci di cogliere la vastità dell’universo e le sue infinite possibilità. L’uomo è espressione della Vita e non la Vita in quanto tale che è ovunque ci sia esistenza.

 

Le evidenze in campo astronomico oggi permettono di dimostrare l’esistenza di una infinità di pianeti e postulare la possibilità di una altrettanta infinità di pianeti simili alla Terra nella quale potrebbe esserci vita, anche intelligente. Margherita Hack riteneva che pensare che le condizioni per la formazione della vita si siano verificate solo sulla terra sarebbe un’assurdità stante i miliardi di pianeti con stelle simili al sole presenti solo nella nostra galassia. L’astrofisica italiana è arrivata anche ad affermare che, considerando la presenza di miliardi di galassie nelle quali ci sono stelle molto più vecchie del sole, è facile che le civiltà extraterrestri siano molto più evolute di noi.

 

La domanda da farci allora non è se esiste vita extra terrestre ma perché non riusciamo ad averne riscontro. Immediatamente dopo ci dovrebbe assalire un’altra domanda: quale linguaggio potremmo adottare per rapportarci con entità extra terrestri?

 

Sulla prima istanza si fonda il paradosso di Fermi secondo il quale, dato l’enorme numero di stelle nell’universo osservabile, è naturale pensare che la vita possa essersi sviluppata in un grande numero di pianeti e che moltissime civiltà extraterrestri evolute siano apparse durante la vita dell’universo. Ma se esistono civiltà evolute, dove sono tutte quante e perché non ne abbiamo ancora ricevuto prove?

 

Una delle possibili risposte è stata formulata dal filosofo svedese Nick Bostrom secondo il quale è necessario che avvengano determinate transizioni o passaggi evolutivi prima che la vita su un pianeta come la Terra possa comunicare con civiltà di altri sistemi stellari. Affinché la vita intelligente riesca a diffondersi tra un pianeta e l’altro entra in gioco una specie di “Grande Filtro”, il filtro umano.

 

Il meccanismo si fonda sul presupposto che la gran parte dei pianeti che potenzialmente possono supportare la nascita e lo sviluppo della vita, sono “filtrati via” prima che abbiano potuto produrre forme di vita intelligente in grado di espandersi nel cosmo.

 

Per il paleontologo statunitense Peter Douglas Ward il filtro sarebbe di tipo ambientale, i gas serra e gli effetti del cambio climatico porterebbero a una prematura e rapida estinzione di massa che non permettere la comunicazione con chiunque altro nell’universo.

 

Un’altra soluzione al paradosso di Fermi è stata di recente formulata dal fisico russo Alexander Berezin, secondo il quale una volta che una civiltà arriva a sviluppare le capacità di viaggi interstellari, finisce inevitabilmente per cancellare tutte le altre, nei suoi tentativi di espansione. Ne consegue che una specie altamente evoluta da varcare i confini della propria stella potrebbe non avere interesse o non accorgersi affatto dell’esistenza di altre forme di vita, perché poco interessata a cercarle.

 

Lamberto Tagliasacchi

Voce Andrea Di Cosola

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