Fight Club di David Fincher

Fight Club di David Fincher

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Probabilmente già dicendo questo sono nei guai, ma non posso non parlarvene.Fight Club di David Fincher

Il protagonista di questo film è un uomo qualunque, che potremmo incontrare per strada anche oggi, forse il prototipo dell’uomo moderno: impiegato in un’azienda, schiavo della sua monotonia, del suo lavoro e della sua pigrizia.

Incomincia a non dormire più la notte e per lottare contro l’insonnia decide di andare in uno di questi gruppi di supporto, finendo erroneamente in un gruppo per uomini che hanno il cancro alla prostata. Ma sorprendentemente starsene lì, davanti a tutto quel dolore reale, sentito e profondo, lo stimola e riesce liberarsi anche lui, sfogandosi, piangendo, ma fingendo di avere un cancro alla prostata.

Questa svista diventa un vero vizio, se non una dipendenza, e inizia a frequentare quanti più gruppi di supporto possibili, ogni volta fingendo di avere quella malattia, di aver avuto quel trauma o di soffrire di qualche dipendenza.

In tutto questo riesce perfettamente a sconfiggere la sua insonnia.

 

Fino all’incontro con Marla, una donna molto difficile e complessa che assume un po’ una tendenza generale nei personaggi di questo film a parlare sempre come se la vita potesse finire in qualunque momento e fregandosene anche se accadesse. Anche Marla decide di approfittare dei gruppi di supporto rendendo la vita impossibile al protagonista (di cui non sappiamo il vero nome per un buon motivo, ma questo lo scoprirete solo alla fine). Sapendo che anche lei finge, non riesce a liberarsi e a rendersi vulnerabile, ma soprattutto perché si ritrova davanti una persona identica a lui, così arrogante, pessimista, nichilista e menefreghista.

 

Il protagonista è in difficoltà, non sa proprio cosa fare e la sua vita cade sempre più a pezzi, finché non fa un incontro che gli cambierà totalmente la vita, grazie all’eccentrico, scontroso e magnetico Tyler Durden. Un ragazzo che sa il fatto suo, sa come muoversi nel mondo e non si fa schiacciare da nessuno. Tyler rappresenta tutto quello che il protagonista non è, e che vorrebbe essere, fisicamente, caratterialmente e anche in come vive la sua vita.

 

Grazie a lui riesce a capire molto di se stesso e di che cosa non va in lui incominciando a sentirsi libero da ogni vincolo materiale. Ad esempio attraverso un’aggressiva critica contro il consumismo e la nostra società che ci inculca continuamente desideri per comprare oggetti di cui non abbiamo bisogno e che ci fanno vivere con l’illusione di essere felici. Ogni aspetto della nostra vita è controllato da questo tentativo di farci acquistare nuovi prodotti inutili, promettendoci comodità e soddisfazioni inappagabili, ma in realtà ci rendono solo meno reattivi, mentalmente inerti e addormentati, come dei morti viventi, distruggendo creatività e autenticità, riducendoci a semplici consumatori come se anche noi fossimo prodotti con lo stampino.

 

Ma il bello deve ancora arrivare.

Il protagonista ed il suo amico, in un primo modo apparentemente non premeditato, decidono di fondare anche loro un gruppo di supporto, ma questa volta leggermente diverso. Fondano il Fight Club, un gruppo segreto dove gli uomini di tutta la città si ritrovano per lottare e azzuffarsi di botte. Un gruppo sicuramente provocatorio e singolare, che attraverso la lotta forse mira a dire tante cose: dalla mascolinità e virilità repressa, alla metafora della lotta contro sé stessi e a un modo diverso e in un certo senso primordiale di sentirsi vivi e lottare contro quella monotonia e ripetitività che uccide tutti. Ma forse un insegnamento fondamentale e sovversivo che ci dà è quello di non sfuggire alla realtà e alla sofferenza, ma anzi di viverla.

 

Come in una scena dove Tyler butta dell’acido sulla mano del protagonista cercando di fargli capire che il vero modo per affrontare il dolore, per lui non è visualizzare posti felici o paradisi perduti, ma semplicemente di viverlo intensamente e fino in fondo.

 

Certo poi vediamo che questo Fight Club incomincia a sfuggire un po’ di mano al duo, diventando un gruppo terroristico anarchico che prepara attacchi alle aziende o alle catene di caffetterie, con Tyler che diventa un messia dell’anticonformismo e il salvatore degli inetti. Così il protagonista capisce di dover rimediare a questa faccenda riuscendo a liberarsi di quella sua parte così critica e così autodistruttiva, che se pure ci dà un senso di liberazione dai vincoli che la società ci impone, non ci porta da nessuna parte, e l’unica cosa che possiamo fare è abbracciare la nostra mediocrità e il nostro essere un po’ un disastro.

Andrea Andolfo

Le opere citate sono proprietà dei rispettivi autori, riprodotte per scopo di discussione in conformità con l’articolo 10 della Convenzione di Berna, gli articoli 70, Legge 22 aprile 1941 n. 633 e D.L. n. 68 del 9 aprile 2003 della legge italiana

Voce di Chiara Lenzi

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