E’ bene fidarsi delle proprie intuizioni?

E' bene fidarsi delle proprie intuizioni?

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È bene fidarsi delle proprie intuizioni ?
Un articolo a cura del Comitato Scientifico Upe, tratto da Focus.
Nel mondo Occidentale si è sempre data molta importanza alla razionalità, dando all‘intuitività la connotazione di insensatezza, pensiero magico, a volte persino di superstizione.
Eppure su un articolo pubblicato su “The Conversation” si definisce il pensiero intuitivo come una forma “differente” di elaborazione delle informazioni : si parte infatti dall’assunto che anche le intuizioni derivino da un processo di valutazione e comparazione effettuato dal cervello, il quale è spesso descritto come una complessa macchina specializzata in predizioni, che confronta le sensazioni e le esperienze del presente con quanto già appreso in passato, predicendo così quello che sta per avvenire. Quando si verifica un imprevisto, il cervello aggiorna i suoi modelli per il futuro. Questo incessante lavorio avviene in modo automatico, senza che ce ne accorgiamo.
Le intuizioni si verificano quando il cervello nota un collegamento o un’incongruenza tra l’esperienza attuale e il passato, ma questo confronto non raggiunge la soglia della coscienza: in altre parole sappiamo che è così, ma non sappiamo come ci siamo arrivati. Per esempio, state guidando su una strada buia quando di punto in bianco vi spostate sulla destra. Poco più avanti notate una buca: non fosse stato per quell’intuizione, l’avreste presa in pieno. Eppure non l’avevate vista! In realtà, la macchina davanti a voi aveva sterzato di poco, nello stesso punto: l’avete imitata senza pensarci, e avete fatto bene.
Spesso intuito e pensiero analitico sono visti come forze in contraddizione, quasi si dovesse scegliere a quale affidarsi. In realtà, lavorano in tandem e in contemporanea: la differenza è che il primo opera sotto al livello della coscienza, e ce ne accorgiamo soltanto quando propone un risultato. Di solito, anzi, ricorriamo alla pancia e alle analisi in contemporanea. Anche un’importante scoperta scientifica può nascere da un’intuizione che fornisce un’ipotesi nuova e originale, che poi dovrà essere validata da analisi e test rigorosi.
In ogni caso, se l’intuizione ha la fama – a questo punto immeritata – di un’opzione rischiosa e incerta, anche affidarsi soltanto al ragionamento può causare problemi. Molte ricerche hanno ormai dimostrato che abbandonarsi a un eccesso di logica può ostacolare i processi decisionali, senza necessariamente portare alle scelte migliori. Altre volte usiamo il pensiero analitico per giustificare, o complicare, una decisione già presa “di pancia”.
Come capire, quindi, se possiamo affidarci o meno a un’intuizione?
Alcuni studi evidenziano che quando immaginiamo il nostro futuro, tendiamo a minimizzare le stime di eventi nefasti e a sovrastimare quelle di fatti positivi: un errore di giudizio che ci rende inaffidabili. Gli psicologi lo chiamano ottimismo irrealistico ed è un fenomeno che influenza la nostra capacità di prendere decisioni. Tuttavia è, allo stesso tempo, indispensabile: senza questa spinta di auto-incoraggiamento, rischieremmo di lasciarci avvilire.
Secondo alcuni ricercatori inoltre i dati che supportano la volontà di ciascuno sono più immediatamente disponibili alla memoria rispetto a fatti altrettanto rilevanti, ma meno desiderabili.
C’è poi anche il fatto che tendiamo più facilmente a lasciarci assorbire dagli eventi che riguardano la nostra sfera personale, considerando che quella sia “la media”, escludendo le suggestioni che vengono da fuori. Questo accade soprattutto con eventi che ci sembrano controllabili (matrimoni e divorzi, successo nel lavoro). Allo stesso modo, quelli che appaiono in là nel tempo, come la morte, sono più facili da sottovalutare.
Potrebbe essere un adattamento dell’essere umano funzionale a ridurre la paura del futuro.
Potremmo quindi essere soggetti a errori di giudizio? Per esempio, la nostra scelta potrebbe forse essere condizionata dal fatto che preferiamo opzioni che confermano assunzioni precedenti o dalla tendenza a ignorare informazioni negative o pericolose? E poi: abbiamo già esperienza in quel campo?
 Forse è meglio ragionarci un attimo…….o forse no!

Comitato Scientifico UPE

Voce di Chiara Lenzi

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