TURN IT UP! – Roy Ayers: Everybody loves the sunshine

Turn it Up!

di Maddalena Sarotto

TURN IT UP! – Roy Ayers: Everybody loves the sunshine

Tutti amano il brillare del sole”: la vita nel sole, anche quando piove

Bentornati a “Turn It Up!”, dopo molti articoli su artisti per lo più contemporanei, oggi, alla settima puntata, facciamo un salto nel passato, più precisamente nel 1976, e ci sentiamo “Everybody loves the sunshine” di Roy Ayers.

Questo brano riconduce al genere fusion, ma l’artista che lo ha composto racchiude molto altro nella sua discografia: funk, acid jazz, soul, rhytm & blues. Figlio di musicisti (padre trombonista, TURN IT UP! – Roy Ayers: Everybody loves the sunshine Turn it up!madre pianista), vibrafonista, cantante, compositore e tastierista, Roy Ayers nasce a Los Angeles nel 1940 e già a cinque anni riceve in dono il suo primo paio di bacchette da vibrafono. Cresce a South Park, il quartiere di L.A. cuore pulsante della musica black della California del sud, e tutte le scuole che frequenta gravitano intorno a Central Avenue, mecca musicale della L.A. di allora. Nel 1966 inizia la sua vera e propria carriere musicale, suonando con il jazzista Herbie Mann: di qui in poi, si aprono porte a dischi e collaborazioni di grande successo, che attraversano 60 anni di carriera musicale. Pensate che una delle sue ultime collaborazioni è con il rapper Tyler The Creator, nel 2017!

Il brano che ho scelto ha una connotazione molto particolare, sia perché rappresentativo della musica fusion, sia perché è stato una grande fonte di ispirazione per l’hip hop, e in particolare per Dr. Dre, che lo ricampiona per farne il brano “My Life” nel 1995. Ho citato precedentemente il film “Straight Outta Compton”: in una delle prime scene, un giovane Dre ascolta questa canzone in cuffia, disteso su un pavimento ricoperto di vinili.

Il testo, come potrete leggere (nella colonna a fianco, oppure in basso se ci seguite da smartphone), è molto semplice, quasi infantile, nel suo ripetere le cose “scontate” che fanno le persone quando fuori c’è il sole: uscire di casa, andare in giro, guardare i fiori e le api che volano tra essi. Ma una grande enfasi è posta sul sentito di quei momenti: la ripetizione continua della parola “feel” (sentire, percepire) e l’invito all’interlocutore/ascoltatore, “senti ciò che sento”, ci fa capire quando questo lato emotivo sia di fondamentale importanza per il compositore.

Ora, vorrei provare a sdoganare un po’ questo brano, apparentemente banale: io non credo che la canzone parli di un giorno di sole in primavera, o forse sì, ma non solo di quello. Non so a voi, ma a me arriva più come un modus vivendi, un approccio e una predisposizione a una vita nel sole, al di là delle condizioni meteorologiche, ma soprattutto, al di là dei condizionamenti che ogni giorno ci guidano senza che ce ne accorgiamo. “Oggi ricevo un messaggio dalla persona che amo e sono felice (nel sole), domani non lo ricevo e sono triste (nella pioggia)”, oppure “Oggi il mio capo è gentile con me e sono nel sole, domani non mi considera e sono nella pioggia” e via dicendo, mariti, mogli, figli, cani e gatti, lavatrici, traffico, imprevisti, riunioni e colleghi, il maleducato in coda in panetteria, l’arrogante al semaforo, clienti isterici, amici in debito o in credito, mutui e spese, l’ammaccatura nella portiera della macchina nuova, la Juve che vince o che perde, una battuta mal capita, ogni cosa pare un buon motivo per cambiarci l’umore, anzi, peggio, a volte ci svegliamo già nervosi e nemmeno sappiamo il perché. Banderuole al vento e la colpa è del mondo fuori, che non ci lascia in pace. Sicuri? E se invece di banderuole fossimo colonne ben piantate a terra, certi del nostro valore e consapevoli della forza che ci permette scelte libere e ci rende artefici della nostra serenità e felicità? Se potessimo ogni giorno decidere per noi? E se potessimo spostare le nuvole solo perché lo vogliamo?

E se fossimo noi il nostro giorno di sole? La nostra vita nel brillare del sole.

Buon ascolto.

 

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