Il segnale cerebrale della comprensione

Qualche mese fa – durante una sessione residenziale di CUI (Comunicazione Umana Interattiva) -provammo a visualizzare quella che era per ciascuno di noi l’immagine della comprensione.

Notammo con un certo stupore che era più o meno simile per tutti, provando poi a riportarla alla mente, in caso di necessità di comprendere meglio qualcosa.

Provate anche voi: che immagine vi viene in mente se pensate alla comprensione?

 

Vi proponiamo qui un interessante articolo sulle basi elettrofisiologiche della comprensione:

nel momento in cui si comprende una parola infatti verrebbe emesso un segnale specifico all’EEG (elettroencefalogramma).

 

Ma cosa si intende realmente per comprensione, quella degli algoritmi dell’intelligenza artificiale… o quella dell’essere umano, dotato di intelligenza emotiva?

Buona lettura!


C’è un segnale cerebrale che è presente quando l’ascoltatore ha capito quello che ha sentito, ma è assente quando non ha capito oppure non ha prestato attenzione.

La scoperta di un segnale  associato specificamente alla comprensione di un discorso è di un gruppo di neuroscienziati del Trinity College a Dublino e dell’Università di Rochester, che descrivono la loro ricerca  su “Current Biology”.

Quando parliamo pronunciamo in media da 120 a 200 parole al minuto, un compito impegnativo per il cervello, reso ancora più complesso dal fatto che spesso il loro significato dipende dal contesto, e impone il rapido controllo della affinità di senso fra una parola e quelle immediatamente precedenti. Almeno, è questa la tecnica adottata dagli algoritmi di comprensione del linguaggio usati dai sistemi di intelligenza artificiale.

Per verificare se anche i cervelli umani calcolano la somiglianza tra le parole, i ricercatori hanno registrato con tecnica elettroencefalografica (EEG) ad alta risoluzione i segnali elettrici cerebrali di un gruppo di volontari che ascoltavano brani di audiolibri in condizioni differenti di rumorosità ambientale o di fonti di distrazione. Analizzando i tracciati dell’attività cerebrale, sono poi riusciti a identificare una risposta cerebrale specifica che rifletteva quanto simile o diversa fosse una certa parola da quelle che l’avevano preceduta.

Dato che il segnale scompariva completamente quando i soggetti non riuscivano a capire il discorso (perché c’era troppo rumore) o non prestavano attenzione perché distratti, i ricercatori ne hanno concluso che esso rappresenta una misura molto sensibile del fatto che una persona stia comprendendo davvero ciò che sta ascoltando.

La scoperta potrebbe avere molte applicazioni, dal monitoraggio dello sviluppo del linguaggio nei neonati, alla valutazione della funzione cerebrale in pazienti che non sono in grado di rispondere fino alla diagnosi precoce di demenza.

 

Tratto da “Le Scienze” del 23 febbraio 2018

 

Di seguito il link allo studio citato.

http://www.cell.com/current-biology/pdfExtended/S0960-9822(18)30146-5


unsplash-logoMichela Negro

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