UPE, Il sistema nervoso centrale continua a modificarsi per tutta la vita

UPE, Il sistema nervoso centrale continua a modificarsi per tutta la vita

  

“Una semplice regola per la formazione di nuove sinapsi”

 Per UPE – Università popolare evoluzione umana, la neuroplasticità riveste un ruolo cruciale nei processi di apprendimento.

Una teoria che ha trovato ampie conferme nel mondo scientifico.  Come attesta la sorprendente conclusione di uno studio apparso sulla rivista “ PLOS Computational Biology” a firma di Markus Butz del Jülich Supercomputing Center, in Germania, e Arjen van Ooyen della VU University di Amsterdam. 

Sul tema la dott.ssa Alessandra Fais, membro del consiglio scientifico UPE,  ha selezionato per i nostri lettori un articolo tratto da Le scienze.

Qui di seguito un breve riassunto in italiano e sotto il pdf dell’articolo in inglese scaricabile.

Buona lettura!

 

Quando la sua attività elettrica scende sotto una soglia critica, per esempio quando non riceve più input da una certa regione della retina, un neurone cerca di ripristinarla creando nuove sinapsi. Sarebbe questo il semplice meccanismo alla base della plasticità cerebrale: le simulazioni al computer basate su questo principio omeostatico riescono infatti a riprodurre fedelmente gli schemi di recupero della corteccia visiva di gatti e scimmie così come viene osservata sperimentalmente.

Il cervello umano è il sistema di connessioni più complesso che esiste in natura. Eppure la sua capacità rigenerativa si baserebbe su un principio molto semplice: quando l’attività elettrica scende sotto un certo livello di soglia, i neuroni si attivano per stabilire nuove sinapsi, secondo un meccanismo di omeostasi simile a quello che controlla la regolazione della temperatura corporea o i livelli di zucchero nel sangue. È questa la sorprendente conclusione di un nuovo studio apparso sulla rivista “ PLOS Computational Biology” a firma di Markus Butz del Jülich Supercomputing Center, in Germania, e Arjen van Ooyen della VU University di Amsterdam.

 

Il sistema nervoso centrale continua a modificarsi per tutta la vita: nel cervello si formano continuamente nuove sinapsi, mentre quelle che non sono più utilizzate degenerano. Questo sofisticato processo, noto come neuroplasticità, riveste un ruolo cruciale non solo nei processi di apprendimento, ma anche nel recupero di un danno cerebrale o altri tipi di deficit funzionale neurologico, ma i meccanismi che lo determinano non sono ancora stati chiariti.

 

Butz e van Ooyen hanno studiato la corteccia visiva, la regione cerebrale che controlla l’elaborazione delle informazioni che provengono dal senso della vista. In questa regione, circa il 10 per cento delle sinapsi si rigenera continuamente, con percentuali ancora superiori se la retina viene danneggiata. I ricercatori hanno ipotizzato l’esistenza di un principio omeostatico, in base al quale la formazione di nuove sinapsi è regolata dalla tendenza dei neuroni a mantenere un determinato livello di attività elettrica. Se l’attività elettrica media scende sotto un certo valore di soglia, i neuroni iniziano a costruire attivamente nuovi punti di contatto.

Grazie  a una simulazione al computer , hanno poi verificato che questo modello consente di riprodurre fedelmente gli schemi di rigenerazione della corteccia visiva osservati sperimentalmente in gatti e scimmie con un danno alla retina.

 

La corteccia visiva è risultata particolarmente adatta a dimostrare questa nuova regola di crescita, per una sua proprietà nota come retinotopia: come in una sorta di “mappatura”, la stimolazione di due punti vicini sulla retina viene elaborata da due regioni vicine nella corteccia visiva.

 

“Dalla nostra simulazione è emerso che le aree della corteccia visiva che non ricevono più alcun input dalla retina iniziano a stabilire collegamenti incrociati, che permettono loro di ricevere più segnali dalle cellule vicine”, spiega Markus Butz. “Questi collegamenti incrociati si formano lentamente dal bordo dell’area danneggiata verso il centro, in un processo che ricorda la guarigione di una ferita, finché non viene ristabilito l’originario livello di attività”.

Da “Le Scienze” del 14 ottobre 2013

Scarica QUI l’articolo 

Condividi con le persone a cui tieni

Lascia una risposta

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.